Venerdì 11 ottobre alle ore 17 nel salone al primo piano di Palazzo Alfieri verrà presentato il volume a cura di Lorenzo Ferrarotti Asti, 1521: una terra da solacz. L’opera jocunda di Giovan Giorgio Alione, Torino, Centro Studi Piemontesi, 2024, pp. XVIII+379. Il libro riporta finalmente alla luce un tesoro non solo della tradizione culturale astigiana ma della cultura del primo Cinquecento nell’Italia del nord, e lo rende fruibile al pubblico, agli attori e non solo agli studiosi. Saranno presenti l’autore Lorenzo Ferrarotti (Università di Bergamo), che dialogherà con Riccardo Regis (Università di Torino), Alberto Ghia (Università di Torino), Albina Malerba (Centro Studi Piemontesi), Gianluigi Bera (Faro Astesana). Modera Enrico Mattioda, presidente della Fondazione Centro di Studi Alfieriani. Interventi musicali del gruppo di musica antica “La Ghironda” e figuranti in costume di “Principessa Valentina”. Organizza la Fondazione Centro di Studi Alfieriani.

Giovan Giorgio Alione è figura di cui sappiamo poco, ma la pubblicazione della sua Opera jocunda  nel 1521 segnò una tappa fondamentale della cultura astigiana. In quel volume trovavano spazio farse in astigiano, scritti in francese, in macaronico, in varie parlate franche dell’Italia del nord e persino un testo in fiammingo. La nuova edizione, a cura di Lorenzo Ferrarotti e pubblicata dal Centro Studi Piemontesi, presenta dodici farse e altri testi in astigiano con introduzione, profilo linguistico, traduzione e commento. Un’edizione che unisce la cura filologica dei testi alla possibilità di farli leggere anche da parte di un pubblico non specialista. Alione visse in un momento storico in cui Asti era sotto l’influenza francese e nel periodo delle guerre d’Italia. Un periodo nel quale da poco era stata introdotta l’arte della stampa e che conosceva una ricchezza e una varietà linguistica che pochi anni dopo la cultura italiana avrebbe ridotto a espressioni dialettali. Infatti, solo quattro anni dopo, nel 1525, sarebbero apparse le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo che avrebbero dato delle regole all’italiano, che prese il sopravvento e ridusse le altre lingue letterarie a espressioni locali o limitate alle forme comiche.

L’opera di Alione è fortemente radicata nella situazione astigiana, ma la sua apertura internazionale fa sì che Asti venga messa alla pari di altre città che seppero allora elaborare una propria lingua letteraria, come Padova, Venezia, Firenze, Milano e poche altre. Nonostante l’importanza di questa prova letteraria, l’opera di Alione è rimasta isolata e studiata solo da pochi specialisti: in parte perché è scritta in un astigiano che aveva caratteristiche proprie e non aveva ancora subito l’influsso del torinese, in parte perché le farse si rifanno a modelli francesi e presentano una libertà sessuale e di espressione corporea che l’hanno fatta escludere dalle scelte scolastiche.